La tempesta perfetta bianconera
Una tempesta perfetta, una prova di forza, una rivendicazione di sovranità, una tesi di laurea. La Juventus demolisce il Barcellona dei tre marziani allo Stadium e ipoteca la semifinale di Champions League con un 3-0 rotondo che sarà quasi impossibile da ribaltare per i catalani che non devono illudersi col ricordo del 6-1 rifilato al Paris Saint Germain.
LE CHIAVI DEL SUCCESSO
Quello inscenato allo Stadium è un capolavoro di tecnica, di volontà, di organizzazione, ma soprattutto di tattica. Allegri le azzecca tutte, Luis Enrique quasi nessuna.
Mirabile, innanzitutto, la scelta del tecnico bianconero di partire con Alex Sandro e Dani Alves contemporaneamente, senza ovviamente rinunciare alle “5 stelle” col rientrante Mandzukic e Pjanic in mediana. Straordinario l’apporto di Dani Alves, in marcatura su Neymar, che gioca una partita perfetta con la verve indemoniata e l’orgoglio del campione contro la sua ex squadra.
Disastrosa, invece, la scelta di Luis Enrique di affidare la corsia sinistra a Mathieu che ha generato un mismatch catastrofico (per il Barça) con Cuadrado. Da lì nasce il primo gol perché Mathieu non può azzardare l’uno-contro-uno diretto col colombiano, quindi è costretto ad accorciare e, per un sinistro aristocratico come quello di Dybala è quasi un gioco da ragazzi pescare l’angolino.
Come Dani Alves, anche la prestazione di Alex Sandro è sublime: difensivamente parlando la sua miglior partita, semplicemente perfetto su Messi che da quel lato non ha mai fatto male. In generale, straordinario – al solito – il reparto arretrato bianconero col ritorno di Chiellini, le cui presenze vanno ormai centellinate e riservate agli impegni di maggior rilievo, assieme a Bonucci con pochi fronzoli e tanta sostanza.
La miglior difesa del torneo (appena due gol subiti in nove gare) surclassa il miglior attacco, per numeri e qualità, dell’intero pianeta e, come dice più di qualcuno, della storia del Gioco.
In ultimo, da rimarcata la scellerata scelta di accoppiare nei calci piazzati Mascherano a Chiellini. È vero che il Barcellona, nel complesso, rende molti centimetri ai bianconeri, ma probabilmente sarebbe stato più appropriato riservare un altro marcatore (Pique? Umtiti?) al miglior colpitore di testa bianconero.
LA CONSACRAZIONE DI DYBALA
È stata Juve-Barcellona, ma era anche il duello ravvicinato di Messi e chi di Messi vuole carpire l’eredità: Paulo Dybala. Una notte magica, quella della Joya, che vale una consacrazione ufficiale tra i grandi d’Europa dando lustro a un nome già arcicelebrato in Italia, ma in cerca di conferme nella competizione continentale.
Due gol, due perle con quel mancino baciato da un’infinita dose d talento, che hanno stroncato i sogni di gloria dell’altro argentino, il più forte del mondo. Tra i tre tenori dell’attacco atomico blaugrana, Messi è quello che ha fatto vedere le cose più pregiate, probabilmente il migliore dei suoi in una notte di bufera, ma non è bastato ad annebbiare la serata di Dybala, faccia pulita da adolescente e talento cristallino con pochi eguali nel mondo.
GLI EPISODI
È stato un trionfo bianconero, è vero: Juve perfetta e Barça alle corde, ma è altrettanto doveroso sottolineare come tutti gli episodi abbiano strizzato l’occhio agli uomini di Allegri.
Emblematica, in tal senso, l’occasione divorata da Iniesta su un assist semplicemente geniale di Messi: bravo nella circostanza Buffon a restare in piedi, ma da uno come Don Andrès era lecito attendersi qualcosa in più.
Dal possibile 1-1, dunque, passa poco più di un minuto e alla successiva azione bianconera ecco il bis di Dybala, lasciato clamorosamente solo al limite dell’area da Mascherano. In due minuti, dunque, la partita sarebbe potuta instradarsi su tutt’altri canali che ne avrebbero mutato il proseguo.
Altro passaggio-chiave il gol mancato quando si era già sullo 3-0 Juve da Suarez: il 3-1 avrebbe potuto rappresentare un orizzonte diverso dimezzando – di fatto – la portata dell’eventuale remuntada culé.
Un conto è affrontare la gara di ritorno consapevoli che basta il 2-0, un altro è vedersi eretto un Everest da scalare perché quattro gol a questa Juve è un’impresa ai limiti del possibile, anche al Camp Nou, anche per il Barcellona.
Quella appena vissuta è una notte che consacra la Juventus e Allegri, imbattibili in Italia – anche per una concorrenza francamente non all’altezza, salvo il concetto che vincere è sempre cosa difficile specie ai massimi livelli – e magnifica in Europa: la dimostrazione di forza col Barça, infatti, va accoppiata alla finale del primo anno di gestione-Allegri e alla rocambolesca eliminazione patita lo scorso anno col Bayern.
La Juventus è migliorata e maturata e oggi – parola di Buffon – ha una consapevolezza differente che la porta in pianta stabile nell’elitario club delle società più forti del mondo.


